// di Gianluca Giorgi //

J. P. Bimeni & The Black Belts, Free Me (2018)
Free Me è il disco d’esordio di J. b. Bimeni realizzato con i Black Belts, la sua ottima band spagnola. Nel disco si respira un suono antico, con i colori e l’intensità dei dischi Stax e Motown, la band sembra provenire da Memphis o Detroit, da quei magnifici studi di registrazione che tanto hanno regalato alla musica soul a cavallo tra ‘60 e primi ’70. La magica voce di J.P Bimeni domina in lungo e in largo i solchi del disco e rende estremamente credibili le già ottime canzoni scritte, in larga parte, da Marc Ibarz e Eduardo Martinez e arrangiate dallo stesso Martinez. The Black Belts dispensano a profusione suoni caldi, ricchi, di impianto soul classico, senza mai cedere ad alcuna tentazione di “modernismo”, ciò grazie a una sezione ritmica sinuosa, a fiati stellari a cui si aggiungono chitarra e organo/piano per un sound che ci scaraventa nella negritudine dei primi ’60. Ottimo il singolo I Miss You, ma meritano di essere sottolineate anche Stupid, con reminiscenze a la Sam Cooke nel ritornello, come pure Pain Is the Name of Your Game, che ha il piglio di un classicone di Otis e la stupenda Free Me, il trascinante brano che da il titolo all’album. Ma tutto il disco ci regala sferzate di soul purissimo corroborato da testi che raccontano la storia di un giovane uomo che ha vissuto l’inferno e che oggi è qui a cantarcele con il suo talento puro. “Forse” il più bel concerto gratis ad Umbria Jazz 2023.

Aaron Frazer, Introducing … (2021)
L’esordio solista di Aaron Frazer è un album di dolcissimo soul prodotto dal grande Dan Auerbach dei Black Keys. Alle registrazioni hanno partecipato membri del mondo Daptone e Bg Crown Records, turnisti e combina la passione di Aaron per il grande soul degli anni ’70 con la particolare sensibilità produttiva di Dan Auerbach. Il disco spazia fra funky melliflui e pagine scelte dal manuale Motown, echeggiando Marvin Gaye come Curtis Mayfield ma mantenendo sempre una sua peculiarità il tutto condito dal falsetto fatato alla Smokey Robinson di Aaron. Il cantautore di Brooklyn, cresciuto a Baltimora, è arrivato per la prima volta sotto i riflettori internazionali come batterista, seconda voce e autore o co-autore della quasi totalità del repertorio con Durand Jones & The Indications. Introducing…, il suo album di debutto da solista è un testamento di gratitudine verso la musica soul del passato ma è più di un atto revivalista. Rivisita il soul della metà degli anni ’60 con la particolare sensibilità moderna attraverso una miscela di disco, gospel e doo-wop, rinnovando il fascino di quegli anni con un romanticismo moderno. Cantato a voce bassa e con l’aspetto di un idolo delle matinée degli anni ’50, Aaron Frazer possiede una voce unica che è allo stesso tempo contemporanea e senza tempo. In questo disco c’è tutta la magia della musica soul, una musica piena di sensualità che seduce confondendo i sensi.

Durand Jones & the Indications (2016 ristampa vinile rosso 2018)
A me questo disco piace molto, io amo la black music e la scena retro-soul contemporanea. Classicissimo soul/r’n’b seconda metà anni ‘60, gran bella voce, ricca di pathos e garbo melodico. Le influenze sono quelle classiche da Otis Redding a James Brown, da Marvin Gaye ad Al Green, ma anche da quei cantanti della nuova scena retro-soul come Lee Fields e Charles Bradley. Per chi ama il genere niente di nuovo, ma un gran bel disco di soul revivalista, deep funk e con alcune bellissime ballate.

Various Artists, DARKER THAN BLUE – SOUL FROM JAMDOWN 1973-1980 (2lp)
È una compilation pubblicata nel 2001, composta da canzoni soul e R&B registrate da artisti reggae giamaicani, tra cui una serie di cover di singoli americani contemporanei. Quello di registrare canzoni soul su ritmiche giamaicane è un percorso che si è verificato spesso nella storia della musica giamaicana. Le atmosfere sono quindi soulful, talvolta funk sottilmente sposate alle basi musicali del reggae. Celebrità come Ken Boothe, Alton Ellis, The Chosen Few, Junior Murvin o ancora Freddie Mc Gregor e molti altri, ci conducono negli anni dell’anima del cuore, raccontandoci così l’enorme influenza della musica americana allo stesso tempo sul reggae. Un disco destinato sia agli amanti del soul che del reggae. Oltre alla musica c’è tutto un filo conduttore tra musica e politica, tra la Giamaica e gli Stati Uniti, infatti nella foto vediamo una manifestazione del 1976 con striscioni come »Jamaica Forward – Cuba Forever”! Una delizia di 18 brani, pieni di emozione, amore e sincerità.

James Hunter Six, Whatever It Takes (2018 mono)
Neil James Huntsman, questo il suo vero nome, lo seguo dai primi sui passi, metà anni ‘80, con il suo gruppo Howlin’ Wilf & Vee-Jays all’interno del movimento neo-rockabilly inglese. James, comunque, ha sempre seguito una sua strada più vicino al soul e al r&b. Inciso anche questa volta con un semplice registratore a otto tracce, in mono, “Whatever It Takes” conferma le qualità di Hunter come vocalist e compositore. Non c’è un brano che non brilli per personalità e classe, con un perfetto equilibrio tra organo, sezione ritmica e fiati. James Hunter, già dalle prime esperienze, ha sempre amato unire altre sonorità al classico r&b, qui troviamo: exotica, r’n’r, vezzoso groove funky, brioso swing beat, beat latin-soul, rumba e “retro-pop”. Con “Whatever It Takes” James Hunter conferma di essere fra le miglior voci del soul in circolazione.

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