// di Kater Pink //

Nei primi anni cinquanta, per il suo talento sul contralto, era considerato una dei tanti probabili successori di Charlie Parker. Frank Morgan nasce a Minneapolis nel 1933. Il padre, Stanley, si barcamenava strimpellano la chitarra, mentre la mamma lo mise al mondo a soli quattordici anni. I genitori erano spesso in giro per sbarcare il lunario, quindi il piccolo Frank fu affidato alla nonna e trascorse la sua infanzia a Milwaukee nel Wisconsin. Morgan, ancora bambino, aveva circa sette anni, venne folgorato sulla via di Damasco dopo aver ascoltato Charlie Parker con la Jay McShann Band, al Paradise Theater di Detroit. In quell’occasione il precoce Frank chiese ai genitori di poter suonare il sax. Il padre lo portò bel backstage e gli presentò Parker. Il giorno seguente s’incontrarono con Bird in un negozio per acquistare un sassofono contralto, ma Parker gli suggerì di iniziare con il clarinetto al fine di sviluppare l’imboccatura.

Il giovane Morgan si esercitò al clarinetto per circa due anni prima di passare al sax., mentre a quattordici tornò a vivere con il padre, dopo che la nonna l’aveva sorpreso a fumare marijuana. Il contatto giovanile con le droghe leggere divenne l’anticamera della sua dannazione. Il trasferimento in California fu determinante per la carriera del provetto sassofonista: qui, come era in uso, il giovane Frank ebbe l’opportunità di fare jam-session con gente della caratura di Dexter Gordon e Wardell Gray, ampliando rapidamente il bagaglio di conoscenze. Così, a soli 15 anni, gli venne proposto di sostituire, per un tour, Johnny Hodges nell’Orchestra di Duke Ellington, ma il padre gli impedì di partire negandogli il consenso, poiché ancora troppo giovane; per compenso il contraltista entrò in pianta stabile nella local-band dell’Alabam Club, grazie alla quale ebbe modo di accompagnare perfino Billie Holiday e Josephine Baker. Nel 1952, Morgan venne ingaggiato da Lionel Hampton, mentre nel 1953 il suo primo arresto per uso di stupefacenti gli impedì di unirsi al quintetto di Clifford Brown e Max Roach (defezione di cui beneficiarono Harold Land prima e Sonny Rollins successivamente).

Nel 1954 Morgan registrò una prima session da co-leader con Wild Bill Davis e Conte Candoli, partecipando ad una seconda seduta di registrazione con Candoli, Wardell Gray e Leroy Vinnegar. Entrambe le sessioni, pubblicate nel 1955 dall’etichetta GNP, diedero corpo al primo album ufficiale del sassofonista, intitolato emblematicamente «Frank Morgan». Il disco ebbe subito un notevole successo di critica, la quale incoronò Frank Morgan come il vero erede di Charlie Parker, scomparso nello stesso anno. Il legame ideale con Bird, però, si concretizzò soprattutto nell’uso smodato di eroina che lo condusse a trascorrere buona parte della sua gioventù in galera. Proprio nel 1955, l’album d’esordio fu accompagnato da un’interdizione per droga e relativa reclusione. Nel 1962 Morgan venne tradotto nella prigione di San Quintino dove formò un piccolo ensemble con Art Pepper, accomunato dallo stesso destino. Per aver violato la libertà vigilata, rimase in carcere fino al 1985, momento in cui iniziò una seconda carriera ed una nuova giovinezza (altro elemento che lo accomuna ad Art Pepper). Per oltre due decenni, successi e riconoscimenti non mancarono, quasi un risarcimento per gli anni giovanili randagi e condizionati dalla detenzione e dalla fuga nel paradiso artificiale dei narcotici. Poco prima della sua morte, avvenuta il 14 dicembre 2007, due giorni prima del settantaquattresimo compleanno, Morgan aveva da poco completato il suo primo vero ed unico tour europeo. Prima di allora era stato più volte in Europa, anche in Italia per eventi occasionali o serate in ordine sparso.

Frank Morgan with the Cedar Walton Trio – « Easy Living», 1985

Questo album segnò il ritorno sulla scena di Frank Morgan, eccellente altoista, scomparso dai radar per quasi tre decenni. Le vicissitudini legate al carcere, all’uso e alla detenzione di stupefacenti, circa 30 anni prima – come già raccontato – avevano messo il lucchetto anche alla carriera di un promettente sassofonista. Quando Frank Morgan fece il suo ritorno nell’agone del jazz nel 1985, aveva 51 anni, ma nonostante i lunghi anni di carcere, sembrava non avesse perso nulla del suo modo di suonare; al contrario, disintossicato sia legalmente che fisicamente era un uomo più maturo, deciso a riscattarsi ed a riprendersi ciò che gli errori giovanili gli avevano impedito di realizzare: il destino gli riservò altri vent’anni di vita piacevole ed una seconda opportunità come musicista, soprattutto come band-leader.

Registrato il 12 e il 13 giugno 1985, al Monterey Sound Studio di Glendale in California, «Easy Living With The Cedar Walton Trio» rappresentò l’inizio una nuova chance artistica per Frank Morgan, ma anche il suo debutto come leader vero e proprio. Per uno strano gioco del destino, nell’album c’è tutta la vitalità, l’energia e la freschezza di un vero giovane esordiente. Insieme al pianista Cedar Walton, il bassista Tony Dumas e il batterista Billy Higgins, il contraltista esplora una serie composizioni di Walton, McCoy Tyner, Wayne Shorter e Antonio Carlos Jobim, insieme a tre standard che richiamano la sua principale fonte d’ispirazione: Charlie Parker. L’inatteso ritorno di Frank Morgan costituì una sorta di «ritorno al futuro», in quegli anni di difficile affermazione per una certa tipologia di produzione jazz. Oggi, per molti Frank Morgan potrebbe essere una piacevole scoperta, soprattutto una conferma di come il jazz acustico sia in grado di mantenere intatta la propria attualità, a prescindere dagli uomini e dalle epoche.

Frank Morgan Quartet – «Yardbird Suite», 1988

L’esperienza c’insegna che il ritorno nell’agone jazz negli anni 80 di molti vecchi leoni del bebop, è stato sempre pari, per intensità e coinvolgimento, al loro debutto giovanile sulla scena. Per molti artisti di vaglia del calibro di Frank Morgan si è trattato dell’inizio di una nuova giovinezza, ma con un marcia in più, ossia il supporto dell’esperienza. Nel 1988, Frank Morgan ritornò alle origini con un album che può essere considerato il migliore dei suoi lavori dopo il rientro e non solo. Registrato al fantasy Studio, in California, il 10 e l’11 febbraio del 1988, «Yardbird Suite» segnò un gradito ritorno «a casa», legato al musicista che lo aveva maggiormente influenzato, Charlie Parker, ed il titolo è emblematico. L’altoista esplora le radici del bebop in un set contagioso e coinvolgente, suonando sei standard dell’era parkeriana (quattro sono un tributo al suo idolo) con il supporto del pianista Mulgrew Miller, del bassista Ron Carter e del batterista Al Foster. Morgan rende omaggio a Bird, ma non lo riproduce, facendone una fotocopia, per quanto in alcuni frangenti il suo modo di suonare, a tratti, non è dissimile a quello di Parker. Il sassofonista di Minneapolis ed i suo sodali riescono a rivitalizzare sei classici dell’era bop in maniera spontanea. disinvolta, impeccabile e con rinnovato entusiasmo. Se amate il bop distillato in purezza, «Yardbird Suite» è sicuramente uno dei migliori album degli anni ’80 da aggiungere alla vostra collezione.

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