«Duets» di Maurizio Brunod, incontri al vertice per un modulo espressivo svincolato dai cliché (Caligola Records, 2013)

Maurizio Brunod non cerca di dimostrare, di distinguersi o di sorprendere. La sua chitarra non si definisce per stile, ma per funzione, mentre il suono alligna nella mente del fruitore seguendo una perifrasi espositiva pensante che oltrepassa l’idea di limite compositivo intrappolato nella scrittura di genere; per contro, ogni frase affronta una curva armonica, dislocata su un terreno talvolta obliquo e poco convenzionale.
// di Francesco Cataldo Verrina //
Sull’eco delle risonanze più ampie della scena europea, Maurizio Brunod diventa il demiurgo di una genetica creativa che si modella sulle relazioni, disdegnando i generi come reticolo culturale e disciplinare, nonché l’idea di accumulo di massa sonora fine a se stessa. «Duets», pubblicato da Caligola Records, non costituisce un banale lotto di composizioni finalizzate all’esibizione virtuosistica; per contro il sistema operativo di Brunod prevede un susseguirsi di interazioni, quale impianto dialogico e come laboratorio acustico, in cui ogni voce si dispone secondo il metodo dell’ascolto reciproco. La formula del duo, declinata in sedici episodi, allestisce una location ideale, nella quale la grammatica si fa habitat condiviso e la forma estetica lascia in soffitta l’artificio, integrando, quale elemento portante, il contributo dei singoli partecipanti al progetto. Maurizio Brunod, chitarrista dalla formazione poliedrica e multitasking, nonché versato all’indagine sonora, sceglie di integrare il sedimento melodico-armonico del proprio strumento con sodali donatori, non detraibili dall’importo totale del costrutto sonoro: il bandoneon di Daniele Di Bonaventura, il basso di Danilo Gallo, la marimba di Massimo Barbiero, i fiati di Achille Succi, il contrabbasso di Miroslav Vitous. Lo svolgimento è costantemente teso al dialogo funzionale che non si alimenta per contrasto, ma per adesione. Ogni duetto si estrinseca alla medesima stregua di una struttura modulare che nasce dalla compliance e dalla relazione.
La chitarra di Brunod, elettrica, classica, acustica, e talvolta filtrata mediante live sampling funge da bussola e da orientamento. Il gesto strumentale si sostanzia in virtù di una sintassi coerente e scevra da qualunque tecnicismo farsesco ed esibito. Il complesso motivico sembra ingrandirsi progressivamente sulla scorta di un’aura fonica multistrato, dove il minimalismo strumentale diventa virtù. La track-list si dipana come sequenza di ambienti, ciascuno con una propria geometria timbrica, una curva espressiva ed una ratio interna. «First Flight» apre il tracciato innescato da una pulsazione sospesa. La chitarra si posiziona come asse armonico, mentre il contrabbasso di Vitous modella il fondo con una presenza rinvigorente. «Carousel» si srotola attraverso una progressione che si avvolge sull’onda di una vibrazione spiralica. Il dialogo tra corde e fiati imbastisce una tessitura a maglie larghe, ma di grana sottile. «Dreams Come True» suggella una condizione, in cui la melodia si lascia percepire per gradi, mentre il substrato ritmica si attesta come un’intelaiatura di sostegno, ma discreta. «Before The Dream» e «The Long Wait» fluttuano in una zona di transizione, dove la partitura si fa più rarefatta e tesa al carotaggio interiore. Il gesto chitarristico aderisce alla marimba di Barbiero che si immerge perfettamente nel liquido amniotico gestativo, dove la tessitura si costruisce mediante sovrapposizioni che compongono. «Space Invaders N.1» e «Space Invaders N.2» sono evidenti trasfigurazioni, dal titolo allusivo; mentre il processo operativo s’intensifica seguendo la prassi dell’ accatastamento verticale, dove le voci si dispongono come strati, livelli e piani di risonanza. «Waltz For Joe» affiora come struttura tematica roteante, in cui l’idea di danza rimane in superficie. Il tempo non si misura, ma si si dilata, dove la chitarra si dibatte in una sintassi di prossimità con il sodale. «Madrugada» e «Nora» si segnalano come episodi lirici, in cui la melodia si mantiene a livello sottocutaneo come un raggio di sole filtrato da uno strato di ozono. Il bandoneon di Di Bonaventura modella il clima sonoro con una fisionomia acustica che fornisce le coordinate di un viaggio verso un imprecisato altrove, mentre i due compagni di viaggio individuano nella trama accordale un respiro comune proprio ed un mood bidirezionale .
«Grand Canyon» ha un assetto evocativo, quasi cinefilo. Il costrutto si dirama come paesaggio sonoro, dove la profondità si percepisce a fior di pelle. Il dialogo tra chitarra e fiati emana una spazialità avvolgente, sia pur vaporizzata. «El Gallo Sanchez» si modella su una pulsazione coerente che oltrepassa il guado dell’esotismo. Il basso di Gallo si predispone come asse ritmico, mentre la chitarra si evidenzia in virtù di un fluire fortemente immersivo, in cui le corde cedono al richiamo delle emozioni. «Sequences» sancisce un indagine formale, dove i due sodali diventano testimoni essenziali nel processo espositivo, in cui l’humus germinativo diventa una sorta di continuum che lega i vari capitoli dello plot narrativo. «Charlie Chaplin In India» porta al proscenio una condizione surreale, a cui il titolo fa da suggeritore, mentre la trama, come in una pellicola in bianco e nero, si srotola per contrasti monocromatici e tensioni chiaroscurali. «Electric Toys» zampilla come episodio ludico, dove la chitarra elettrica, quale indicatore di marcia estrinseca la sua funzione al massimo delle proprie credenziali. Il suono si modella su una logica di adesione, dove ogni elemento si allinea come parte di un sistema. «La foresta di bambù» coltiva un suggestivo ambiente sonoro, in cui il timbro si stratifica, la melodia si lascia percepire e la forma si coagula intorno spazio. «A fala da paixao», unica composizione non originale, chiude il tracciato. Il bandoneon di Di Bonaventura modella la linea di demarcazione con una malinconia dalla misurata enfasi, mentre la chitarra ne asseconda i fini.
La presenza di Miroslav Vitous si integra come asse armonico. Il contrabbasso costruisce il fondo, modella la profondità ed orienta la disposizione timbrica, generando sistematicamente coerenza. Il dialogo con Brunod si sviluppa per adesione e mai per antitesi. Danilo Gallo, con il basso elettrico e acustico, modula la tensione interna attraverso una trama di continuità, dove la relazione con la chitarra si stabilisce per compenetrazione, dove l’uno si avvita all’altro, mentre ogni pulsazione si attesta quale principio di equilibrio. Massimo Barbiero, con la marimba, tende alla tessitura, in una logica di stratificazione, dove il ritmo sostiene l’asse portante della melodia. La marimba costruisce il dialogo dialogo con Brunod che si trasforma in un intelaiatura armonica condivisa. Achille Succi, con sax alto e flauto, fissa una line di demarcazione, in cui si affida alla percezione quasi come una segnale che giunge dal profondo, dove il fiato agogna la curvatura e la coerenza, mentre la relazione con la chitarra si stabilisce per parallelismo come due rette che potrebbero camminare insieme all’infinito. Daniele Di Bonaventura, con il bandoneon, tiene il campo e rispetta il suo ruolo di evocatore di stati d’animo. La sua voce si modella come velatura acustica e tessitura lirica. Il dialogo con Brunod si articola in una sintassi basata su una sorta risonanza confluente.
«Duets» non assume la sagoma di una raccolta di musicarelli, ma stabilisce un catalogo comportamentale ed un vademecum di stile, dove ogni episodio sonoro, solo apparentemente, si delinea come circoscrizione autonoma, mentre il flusso relazionale fra i vari sodali ed i loro singoli interventi costituiscono un collante saldamente aderente, in cui la similitudine nasce dalla capacità di sintesi. Maurizio Brunod non cerca di dimostrare, di distinguersi o di sorprendere. La sua chitarra non si definisce per stile, ma per funzione, mentre il suono alligna nella mente del fruitore seguendo una perifrasi espositiva pensante che oltrepassa l’idea di limite compositivo intrappolato nella scrittura di genere; per contro, ogni frase affronta una curva armonica, dislocata su un terreno talvolta obliquo e poco convenzionale. Ottima e consigliatissima la riedizione in vinile colorato ed a tiratura limitata che farà certamente felici tutti gli audiofili ed i templari dell’hi-fi esoterico. Basta contattare l’autore per ricevere direttamente a casa una copia autografata.
https://mauriziobrunod.bandcamp.com/album/duets-feat-miroslav-vitous
