«La Dolce Vita» è il nuovo album di Stefano Di Battista, un viaggio appassionate fra passato e presente (Warner Music, 2024)

// a Cura della Redazione //
Da qualche giorno è disponibile sul mercato il nuovo album di Stefano Di Battista, uno dei sassofonisti di punta della scena nazionale ed europea, con collaborazioni prestigiose. Disponibile in vinile e CD, «La Dolce Vita» arriva tre anni dopo il tributo a Ennio Morricone, «Morricone Stories». Con il nuovo lavoro discografico, Di Battista torna a omaggiare la grande musica italiana, reinterpretando brani di artisti come Paolo Conte, Lucio Dalla, Nino Rota, Domenico Modugno, Nicola Piovani, Armando Trovajoli, Piero Umiliani, Ennio Morricone, Renato Carosone, Bobby Solo, Lucio Quarantotto.
La dolce vita non è solo il titolo del film di Fellini che dà nome al nuovo disco, ma la porta di ingresso a un intero mondo. Un universo fatto di fantasie cinematografiche ma anche di vita, passioni, eleganza, desiderio, bellezza e sogni che hanno preso vita in un periodo particolare della storia italiana e che si sono riverberate per i decenni seguenti arrivando fino a noi. Stefano Di Battista ha voluto farsi illuminare da quel riverbero, e ha deciso che era giunto il momento di realizzare un nuovo disco che mettesse insieme lo splendore della grande musica italiana di un tempo e la necessità di mantenerla viva, brillante, eterna: «Ho voluto esplorare una parte del grande e bellissimo repertorio italiano dagli anni della dolce vita in poi e portarlo all’attenzione del pubblico internazionale di oggi. Sono musiche che rappresentano al meglio la cultura italiana, le capacità dei nostri grandi compositori, non solo in quella che senza dubbio è stata «l’età dell’oro» del nostro Paese ma anche nell’eredità di quegli anni che ancora ci portiamo dentro». Così, accanto alla splendida composizione di Nino Rota che offre il titolo all’album e immediatamente ci proietta in un mondo fantastico e senza confini, troviamo Paolo Conte con la sua Via con me, Nicola Piovani con la leggendaria La vita è bella, canzoni pop come la sorprendente Una lacrima sul viso portata al successo da Bobby Solo ma scritta da Iller Pataccini con testo di Mogol, e l’eco dell’opera nella ormai classica Caruso di Lucio Dalla.
Il tutto, tenuto insieme da un sentimento unico e forte, dal suono perfetto di una band meravigliosa formata da Matteo Cutello alla tromba, Fred Nardin al piano, Andrea Sorrentino al contrabbasso e André Ceccarelli alla batteria, ma e soprattutto dalla capacità di Stefano Di Battista di trasformare ogni brano in qualcos’altro, accompagnando chi ascolta in un magico altrove che in questo caso è del tutto italiano. «Lavorando a questi brani mi sono trovato in un mondo bellissimo», dice ancora Di Battista, «e ho pensato che il modo migliore per affrontarli era quello di lasciarsi guidare dalle melodie, di entrare nelle matrici melodiche e trovarne il cuore per improvvisare. Non brani con degli assolo, ma tutt’uno: esposizione e improvvisazione legati insieme». Alcune delle scelte di Di Battista possono apparire singolari, come «Con te partirò» scritta da Francesco Sartori e Lucio Quarantotto, portata sul palcoscenico mondiale da Andrea Bocelli, che nelle sue mani diventa una sorta di magico portale tra passato e presente; o come la consumatissima «Volare (Nel blu dipinto di blu)» di Domenico Modugno e Franco Migliacci, che Di Battista porta fuori dell’ovvio e fa rinascere cogliendo in pieno lo spirito surrealista della canzone.«Proporre brani come questi magari è una scommessa», dice il sassofonista, «ma io ho sempre amato farle. Alla fine, mi sono reso conto che proprio questi, forse, erano i brani più interessanti dell’album». Ma non basta: definire eclettico il percorso di Di Battista all’interno dei meccanismi melodici del grande repertorio italiano è insufficiente a spiegarne la ricchezza. Da bravo band-leader il musicista guida i suoi compagni in territori molto diversi tra loro, e in sentimenti altrettanto distanti: dalla brillante ironia di «Tu vuò fa l’americano» di Renato Carosone, dove le matrici americane e napoletane si perdono nell’improvvisazione senza confini della band, alla malinconia sottile di «Sentirsi solo» firmata da Piero Umiliani per il film Audace colpo dei soliti ignoti: «Un brano che io non conoscevo», sottolinea il sassofonista, «tratto dalla colonna sonora di un film interpretato da Chet Baker. Ha un clima incredibile, non ha una melodia lunga da canzone: è «sparsa», ha un’atmosfera che ti porta in quel mondo «blue» che è proprio dell’universo di Baker, vicino a quel suo demone che ha l’affascinante sapore del mistero».
Ma l’elenco dei capolavori contenuti nell’album è ancora incompleto: c’è la magia di «Roma nun fa la stupida stasera» di Armando Trovajoli e della coppia Garinei e Giovannini, c’è il fascino inaudito della memoria con l’Amarcord felliniano trasformato in musica da Nino Rota, c’è l’arte sopraffina dell’Ennio Morricone de «La Califfa», in un equilibrio sottile tra passato e presente nelle interpretazioni di Di Battista e della sua band. «Il confronto con il passato ci ha fatto sentire molto piccoli», conclude Di Battista, «c’è un livello di arte in quelle musiche che oggi sembra difficile da raggiungere. Ma è proprio nel riproporre queste musiche, nel farle vivere nell’oggi, che troviamo soddisfazione. Quindi voglio godermele: quando suono più mi diverto e più sono felice, e queste musiche mi danno la possibilità di navigarci dentro, mi lasciano spazio per improvvisare, di inventare, di essere legato alle mie radici, alla mia cultura italiana, ma di guardare anche oltre, perché non erano provinciali, non avevano confini anche quando sono state scritte, con le loro melodie, con i loro cromatismi affascinanti, con la loro gioia».
