// di Francesco Cataldo Verrina //

«Fatha & His Flock On Tour» nasce dal tour europeo del 1970 di Earl Hines ed è anche la prima registrazione interamente dedicata al suo gruppo di lavoro regolare dopo il ritrovato successo, a partire dal 1964. È forse un caso unico, molti altri album venuti dopo, videro come protagonista Hines in solitudine o con il semplice accompagnamento di basso e batteria, al massimo con ospiti aggiunti ed occasionali e con la proposizione di repertori diversi da quelli con cui di solito si presentava al pubblico. Al contrario, in questo disco la maggior parte del materiale è quella ascoltata durante le esibizioni europee.

L’impostazione delle serate mostrava diverse caratteristiche in comune con quelle di Duke Ellington. La Grand Terrace, dove Hines aveva lavorato a lungo, fu il contraltare in Chicago del Cotton Club di New York, e la sua esperienza lo aveva portato ad una concezione dello spettacolo con una forte componente teatrale. Come Ellington, Hines attribuiva notevole importanza alla varietà della proposta. Consapevole che c’era sempre una parte del pubblico che non avrebbe gradito sentire solo il pianoforte, divenendo insofferente ed irrequieto nei confronti di un one-man-band, ma che, al contrario, avrebbe sempre gradito qualche diversivo durante il live-act. Allo stesso modo, pur avendo a disposizione il più vasto repertorio di composizioni e arrangiamenti della storia del jazz, Ellington usava i cantanti come una specie di vetrina o divertissement. Così, questi due musicisti, assai longevi e simili, trovarono un modus vivendi ed operandi di sicuro effetto, senza compromettere l’essenza della loro abilità artistica. Hines ebbe una specie di record nella scoperta di talenti, in particolare di cantanti. Amico intimo di Nat King Cole, che ne fu fortemente influenzato, non ha mai dimenticato i gloriosi giorni da leader-band quando si esibivano con lui Billy Eckstine e Madeleine Green, e più tardi Sarah Vaughan. Prima ancora aveva indirizzato Ivie Anderson a Duke Ellington e lanciato cantanti come Arthur Lee Simpkins, Herb Jeffries e Ida James. Successivamente, aveva avuto nella sua band Johnny Hartman, Lord Essex, Lonnie Satin ed Etta Jones. In questo disco il fiore all’occhiello è Marva Josie, cantante di talento, dotata di una variegata gamma di tonalità e di una qualità vocale sorprendente, nonché di una spiccata capacità drammatica, di calore comunicativo e di una personalità attraente.

Il pezzo di apertura dell’album, «I Just Wanna Meke Love To You», riesce a spiegare bene il motivo dell’entusiasmo di Hines per questa cantante. Con i suoi saggi consigli, Marva era assurta al rango di protagonista, assicurandosi subito una forte popolarità. «I Feel So Smoochy», «Night In Trinidad» (un’attraente ballata Hines) ed «Easy To Love» (di Cole Porter) confermano la versatilità e l’autorità acquisita in breve tempo dalla giovane Marva Josie. Haywood Henry, con il suo vivace sassofono baritonale, aggiunge molto all’album ed è un altro esempio dell’insistenza di Hines sulla varietà. Henry era principalmente noto agli appassionati di jazz della precedente generazione come abile clarinettista e baritono solista nel gruppo di Erskine Hawkins e per aver trascorso molti anni come turnista negli studi di registrazione newyorkesi, surclassando altri sassofonisti e flautisti. Nell’album è presente al clarinetto in «Passion Flowers», al baritono in « Things Ain’t What They Use To Be» (pezzo scritto da Ellington) e in «All of Me». Anche in «Melodica Blues», Henry suona il clarinetto mentre Hines soffia nell’Hohner Melodica (una piccola tastiera a fiato, conosciuta come diamonica) regalatagli in Germania durante un precedente tour. L’effetto è intrigante e suggerisce un potenziale non sviluppato in uno strumento raramente usato nel jazz. La sezione ritmica risulta particolarmente evidente in un paio di composizioni originali di Earl Hines, «Second Balcony Jump» e «Cannery Walk». Nel primo caso, in particolare, il pianista riesce a creare l’illusione di una big band, di cui i tempi difficili e le risicate possibilità economiche di quel momento lo avevano privato.

Larry Richardson e Khalil Mhadi erano entrambi giovani musicisti esperti ed entusiasti che avevano impressionato Hines in alcune session a San Francisco. Da citare, infine, tre assoli di piano leggermente contrastanti che conducono al picco dell’album. «All Of Me» e «My Heart Stood» possiedono entrambi ancora la freschezza del classico approccio al piano di Hines. Dopo che l’ascoltatore è stato momentaneamente cullato da una melodia frastagliata, arriva un contrasto dinamico scintillante, un «pugno» a sorpresa per attirare l’attenzione magari assopita, trascinandolo con forza all’interno di questa irripetibile versione di «Somebody Loves Me» che non è una semplice dimostrazione di virtuosismo, nessun esercizio meccanico, ma una «solarizzazione» dell’immaginazione espressa con energia. Il pezzo andrebbe ascoltato più volte per scoprirne la vera essenza. Sarebbe difficile aspettarsi una versione identica di «Somebody Loves Me» eseguita di nuovo così da Earl Hines o da chiunque altro. Magari avrebbe potuto suonare una versione con lo stesso ritmo, forse, altrettanto buona o migliore, ma sicuramente diversa. Hines era uno degli improvvisatori più talentuosi e fertili che la musica jazz avesse mai conosciuto. Mentre conduceva il suo «piccolo gregge» in giro per il mondo, Earl Hines, nonostante il dato anagrafico, appariva spesso come il membro più giovane del suo ensemble.

Durante questo tour europeo del 1970 gli fu richiesto di tenere concerti extra a Belgrado ed a Bucarest, accettò con l’entusiasmo di un bambino e da un vero professionista. Come racconta Jazz Hot, dopo un «seminario» di pianoforte a Parigi, dove erano presenti anche Dave Brubeck, Martial Solal e John Lewis, Claude Carriere disse «Hines fait sonner le Steinway comme dix» . Certo, Earl aveva già visto e sentito tutto, ma miracolosamente era rimasto se stesso: primus inter pares e secondo a nessuno. «Fatha & His Flock On Tour» fu registrato in occasione del Berlino Jazz Festival del 1970 (Hines aveva 65 anni), e nasce da una collaborazione fra l’etichetta tedesca MPS Records e la BASF, nota per l’eccellenza dei suoi nastri magnetici.

Earl Hines

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