Dice Pietro Condorelli: “Non mi reputo semplicemente un chitarrista…sono, piuttosto, una persona che spende il suo tempo a tradurre in musica le sue emozioni

// di Francesco Cataldo Verrina //

“Easy” di Pietro condorelli di emozioni ne dispensa molte. Sin dalle prime battute si percepisce un’atmosfera accogliente fatta di note calde ed appassionate, di un forte senso della melodia e di un groove molto mediterraneo che sostiene ogni traccia. Il costrutto artistico di Condorelli si appoggia su un ensamble di musicisti di rango e di esperienza collaudata: Francesco Nastro al pianoforte, Fabrizio Bosso alla tromba e al flicorno, Pietro Ciancaglini al contrabasso e Pietro Iodice alla batteria, già al finacodi Condorelli nel precedente album “Quasimodo”, ai quali si aggiungono Jerry Popolo e Daniele Scannapieco ai sassofoni contralto e tenore e Roberto Schiano al trombone.

Pietro Condorelli, eccellente chitarrista casertano da sempre concentrato in certosino lavoro di ricerca sulle varie possibilità comunicative dell’universo chitarristico, attraverso molteplici approcci stilistici, dalla musica etnica al funk, dal jazz al rock, con “Essy” esprime un spiccata vena boppistica vivace e comunicativa, tanto da farci dire: “Signor Condorelli, è un vero piacere!”. Il piacere di ascoltare una musica vivace, a tratti imprevedibile e tormentata da un velo di malinconia, tipico di conosce e vive la difficile realtà del Sud. Le parole del chitarrisata sono abbastanza esplicative: “Noi jazzisti, attraverso l’improvvisazione, veicoliamo non solo musicalità ma anche sentimenti. Da questo punto di vista ci sono sempre più musicisti che riescono ad esprimersi. Poi, che lo facciano in un idioma post-coltraniano mi interessa poco”. “Easy”, pubblicato dall’etichetta Red Records, ha un titolo abbastanza eloquente ed indica un strada da percorrere con leggerezza alla ricerca di assonanze ritmiche e curiosità musicali da trasferire all’ascoltatore attraverso il filtro del vissuto quotidiano.

Registrato il 22 e il 23 novembre all’Ipnocampus Studio di Napoli, l’album si srotola piacevolmente sotto i colpi perfetti di nove tracce ben assemblate in sequenza e legate da una specie di filo rosso emotivo, una sorta di libero pensiero e moto dell’anima basato su cinque standard moderni e quattro originali a firma Condorelli. Una piattaforma ideale su cui sviluppare idee sonore, battiti quotidiani e tormenti provenienti dal difficile mestiere di vivere, il cui collante diventa una sorta di leggerezza dell’essere narrata tramite le corde della chitarre: tutti i musicisti coinvolti nel progetto garantiscono un apporto fattivo, ritagliandosi uno spazio espressivo personale, ma sempre in contatto telepatico con il resto della band; non ci sono mai eccessi di virtuosismo o tecnicismo formale fine a se stesso; il tutto riaffiora come un fuoco sotterraneo che brucia una soluzione ad alta concentrazione emotiva. Sostiene Condorelli: “Per troppi anni mi sono estraniato dalla realtà, oggi provo a vivere tutte le esperienze, anche quelle lontane dal mondo della musica, perché ognuna di esse entrerà, in qualche modo, nelle mie composizioni. La sua tempra stilistica, il suo tocco mediterraneo son evidenti, così come il suo complesso vissuto esistenziale e le sue percezioni dell’humus jazzistico italiano e mondiale. In “LM Samba”, composta dal chitarrista di Caserta, si potrebbe intravedere qualche riferimento velato a Pat Metheny, ma il tocco vellutato e solare di Condorelli allontano subito ogni possibilità di accostamento; a tratti, soprattutto nell’iniziale “ Full House” del maestro Wes Montgomery, l’omaggio a quello stile appare più come un riverente tributo, che non un pedissequo ricalco.

Tra i momenti migliori dell’album, “Del Sasser” di Sam Jones si caratterizza per finezza costruttiva da parte di tutto l’ensemble, con passaggi e scambi che lasciano il segno. “Finjang”, a firma Condorelli, ricorda qualche atmosfera acid jazz degli Incognito, attraverso, però, un groove molto più mediterraneo che spalanca una ampia finestra su un avvincente paesaggio melodico. Il climax si raggiunge con “Y Todavia La Quiero” di Joe Henderson, forse un tracciato sintetico dell’intero progetto, dove ogni musicista si libera della corazza e si lascia permeare dai suoni, narrando un frammento della propria vita artistica. “Easy” è un disco multiforme e multicolor che mette insieme appunti e contrappunti jazzistici, mai banali, provenienti da esperienze multiple, unificate da quel battito vitale che scandisce i tempi della musica ed il passo degli uomini; parliamo un lavoro pulito e senza fronzoli o citazioni forzate, un incrocio fra bop moderno, cadenzati ritmi provenienti da una solatia metropoli del Sud del mondo, qualche passo di danza antilliana ed un gustoso lime partenopeo. Fortemente raccomandato.

Pietro Condorelli

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