// di Francesco Cataldo Verrina //

Un dizionario, certamente trattasi di un dizionario, ma parliamo un vademecum ideale anche per quanti già il jazz lo masticano: quello di Michelone, ricercatore indomito, archivista ideale ed enciclopedia vivente, è una guida di facile consultazione che si dirama in molti ambiti conoscitivi dello scibile jazzistico, non solo la musica, i dischi e gli artisti, ma vengono trattati ed indicati, con dovizia di particolari, anche se in maniera concisa, compendiosa e comprensibile, i generi, i sottogeneri e, perfino, le parole di uso comune più usate nel jazz da tecnici, esperti e musicisti. Scrive Jesse Chastain Dayle nella prefazione: «L’idea di un nuovo dizionario del jazz nasce dall’esigenza di aggiornarsi all’uso e consumo di questa “musica dei sensi”. La sua fruizione e conoscenza, infatti, sembra tornata alle origini, quando i fragili 78 giri suonati sui grammofoni consentivano di ascoltare un pezzo alla volta, così come oggi scegliersi un brano online (quasi mai un intero album) diventa il medium più comodo: dall’esperto al neofita trionfano i singoli successi del passato e del presente, che continuano a fare immensa, epocale la musica nata da ex schiavi africani e ora diffusa in tutto il mondo».

In un’epoca dove tutto, ed il contrario di tutto, sembrerebbero a portata di mano con un clic o un touch, un sopporto cartaceo risulta quanto mai indispensabile, soprattutto per non annegare nel mare magnum delle informazioni, talvolta riportate in rete in maniera caotica e frammentaria. Come dire: carta canta e carta suona! Le parole Jesse Chastain Dayle sono alquanto eloquenti: «Ma c’è un secondo importante paradosso: nonostante queste comode tecnologie, si assiste a un ritorno al vinile, il caro vecchio long playing, autentico fenomeno culturale e oggetto di culto ricercatissimo, in grado di racchiudere macrocosmi sonori tra i solchi di venti minuti a facciata». Il libro offre un guida ragionata dei primi sessantatré anni di incisioni fonografiche e con una novità: l’obiettivo è puntato non solo sugli album, ma anche sui singoli di successi, al fine di non escludere i 78 giri, dischi di gommalacca che contengono il meglio del jazz ante-guerra con un brano per facciata, spesso lo stesso tema tagliato in due parti; tutto ciò fino all’avvento del vinile e l’uso dei long playing a 33 giri. Tale aspetto viene chiarito già in fase di prefazione, in cui si specifica che l’iniziativa di Michelone costituisce «un valido motivo per offrire un dizionario non indirizzato unicamente ai soli album, come avviene negli altri libri, bensì organizzato attraverso i brani celebri, inteso quindi a garantire una selezione di singoli pezzi memorabili, raggruppati a loro volta attraverso i grandi stili jazz (hot, swing, bebop, e così via) che hanno fatto la storia».

«Il Dizionario del Jazz. A uso e consumo di ogni appassionato di musica» Il nuovo libro dello storico Guido Michelone per la Diarkos garantisce una visuale inedita del racconto del jazz e dei suoi molteplici rivoli tematici ed espressivi, una storia complessa, ricca di dettagli e di particolari ma facile da consultare nell’approccio e nel metodo. Oltre che un atipico dizionario, il libro dello studioso vercellese diventa un sussidiario ed un songbook indispensabile per chi studia il jazz e per quanti lavorano (con e) nella musica a vari livelli.

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