L’esigenza di una polverizzazione ideativa da parte Cioffi è alquanto comprensibile ed evidente persino nella regola d’ingaggio che si sviluppa attraverso un composito organico di strumentisti, i quali si alternano nei vari componimenti sviluppando l’effetto di un mosaico musicale ricco di voci, timbri e cromatismi, nonché fatto di tante tessere che s’incastrano al fine di perseguire un unico fine.

// di Francesco Cataldo Verrina //

Sono d’accordo con quanti sostengono che il jazz non sia una monade impenetrabile, ma se analizziamo per bene la storia della musica improvvisata di derivazione afro-americana, ci rendiamo conto che non è il jazz ad essere stato contaminato o aggredito da altri agenti esterni, ma che esso abbia condizionato, nel corso dei decenni, altri stili e linguaggi sonori limitrofi. Specie negli anni Settanta molti musicisti di spessore come Frank Zappa, Ry Cooder (solo per fare dei nomi) o lo stesso Carlos Santana subirono inevitabilmente il fascino di jazzisti divenuti borderline come Miles Davis, Herbie Hancock, George Benson, o Wayne Shorter (Weather Report, amati sia da Pino Daniele che dai Napoli Centrale di Senese). Molti musicisti con un imprinting rock-funk comparvero a fianco dei grandi jazzisti in tanti eventi e manifestazioni internazionali raccogliendo lo stesso consenso e la medesima stima. Sono convinto che ci sia stato più un adattamento del rock, del funk, di certa canzone autorale ed, infine, dell’hip-hop et similia al jazz e non viceversa. In definitiva, i fenomeni di osmosi hanno contribuito a rafforzare il contemporary mainstream offrendo nuovi stimoli alla creatività e, contestualmente, ad aprire inedite strade da esplorare ad altri generi musicali. Attualmente il concetto di jazz esiste e resiste tra fusion, latin tinge, afro-groove, smooth jazz, contaminazioni mediterranee, orientali, balcaniche, nordeuropee, elementi pop e new-soul. Quella che oggi viene chiamata BAM (Black American Music), altro non è che un’idea di jazz espanso. Ad esempio il disco di Angelo Cioffi potrebbe essere considerato come un forma di BAM made in Italy, anzi made in Naples, adattata ai mezzi, all’humus e alle circostanze.

Tutto ciò produce, normalmente, un certa frammentarietà, non caso il titolo scelto per l’album è «Frammenti»: un itinerario a macchia di leopardo in un universo sonoro lagunare, che contiene un’esperienza motivata dal contatto con stilemi musicali molteplici che vanno dal jazz all’hip hop, dall’electric-pop, al sound generato dalle etichette indie. Nello specifico la napoletanità del trombettista aggiunge dei contrafforti ambientali e idiomatici sia ad alcuni testi, sia al costrutto sonoro. L’esigenza di una polverizzazione ideativa da parte Cioffi è alquanto comprensibile ed evidente persino nella regola d’ingaggio che si sviluppa attraverso un composito organico di strumentisti, i quali si alternano nei vari componimenti sviluppando l’effetto di un mosaico musicale ricco di voci, timbri e cromatismi, nonché fatto di tante tessere che s’incastrano al fine di perseguire un unico fine. Angelo Cioffi sia pregia soprattutto della presenza di Letizia Vitagliano in tre brani (1/6/8), la cui ugola diventa uno dei contrassegni salienti dell’opera, mentre in «Prigione e Libertà», diviene un valore aggiunto il contributo del sassofono di Marco Zurzolo che, con il suo modus operandi, riesce a penetrare nei meandri della Napoli più nascosta. Presente perfino un cameo di Paola Cortellesi che ha donato la sua voce per un breve monologo in «Te la sei cercata»

Registrato al Marekà Studio di Napoli e pubblicato da Alfa Music, «Frammenti» è il risultato del motus interiore di un’anima giovane, figlia del suo tempo, ma capace di dare un occhio allo specchietto retrovisore e non perdere mai di vista la tradizione. Scorrendo le nove tracce dell’album ci si capacita di quanto il progetto sia l’immagine speculare del bagaglio culturale del trombettista-leader, in grado di rifletterne le radici attraverso storie originali o reinterpretate. L’opener è già una dichiarazione d’intenti: «Addova» presenta un’orchestrazione swingata sostenuta da un groove funkified che ricorda certe soluzioni sonore del primo Pino Daniele. Qui la voce della Vitagliano incontra la tromba di Cioffi che si libera in variegata esplorazione jazz. «Good Question» si sostanzia come un gioiellino funk-jazz dagli umori metropolitani, dove la melodia, a tratti, cerca un rifugio in una sorta di napolitan-mood. «Estate» di Bruno Martino è uno standard dell’ItalianSong Book, divenuto tale dopo l’interpretazione di Chet Baker, a cui Cioffi sembrerebbe voler fare un omaggio. Con «Stella Rossa» entra in scena l’hip-hop con la voce di Alberto Saldutti, nel cui cadenzato borbottio s’innesta la tromba di Cioffi che riversa nel parenchima sonoro una forte dose di liricità. «Red Baron» è un ottimo funk-jazz dalle linee soulful che rimanda a certi lavori smooth jazz degli Ottanta o a talune atmosfere meticce alla US 3. «Te la sei cercata», tocca un tema molto attuale legato alla donna, interpretato da Letizia Vitagliano e magnificato dallo speech di Paola Cortellesi. «Yes» di Aldo Bassi ha le sembianze di una ballata intensa e soulful, caratterizzata da una melodia a presa rapida, dove tromba e chitarra si fanno promesse per l’eternità. «Prigione e Libertà» è quasi una danza «tarantellata» tipicamente campana, in cui le voci di Letizia Vitagliano e Vincenzo Ciccarelli creano un’ambientazione neorealista, sostenuti dal sax di Marco Zurzolo che funge da guida per i vicoli di una città ricca di contrasti e meraviglie. In Chiusura Hirpini, un breve tema dal sapore documentaristico, dove la tromba diventa l’io-narrante di una sintetica cartolina sonora. «Frammenti» di Angelo Cioffi è un disco policromatico e dagli umori cangianti come la Napoli delle mille canzoni: «Napule è mille culure…Napule è mille culture», avrebbe detto Pino Daniele.

Angelo Cioffi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *