// Gianluca Giorgi //

Wadada Leo Smith, Jamie Saft, Joe Morris, Balazs Pandi, Red Hill (2014 2lp)
La RareNoise Rec. torna sul tema dell’improvvisazione istantanea con questa session registrata in presa diretta nel New England a fine 2013, che riunisce alcuni artisti di casa presso l’etichetta di Londra, come il pianista Jamie Saft, il bassista Joe Morris ed il batterista Balázs Pándi, con un autorevole esponente del free jazz contemporaneo, come il trombettista Wadada Leo Smith.
Nessuna traccia, nessuna prova, la musica registrata è la fedele testimonianza di un flusso di idee nate sul momento e condivise fra i quattro protagonisti. Il vero collante del dialogo che caratterizza le otto lunghe tracce è il superlativo drumming elastico e duttile di Pándi, protagonista di avventure di confine fra jazz e noise, splendide le invenzioni ritmiche nel brano conclusivo. Gli interventi colorati di blues di Saft ed il motore ritmico di Morris completano il clima, nel quale si incastonano gli interventi ora lirici, ora rauchi, della tromba di Smith, in alcuni brani anche sordinata. Ascolto non facile e non adatto a tutti i momenti, ma un disco ricco di spunti per un’appagante ascolto di musica istantanea.

John Gordon, Erotica Suite (1978 ristampa 2017)
Considerato un disco di culto nell’ambito del cosiddetto ”spiritual jazz”, è un lavoro affascinante ed ipnotizzante, che sembra ricollegarsi al jazz modale espresso da John Coltrane in album come ”My favorite things” e nei suoi lavori più intrisi di spiritualità. I brani contenuti in Erotica Suite hanno un tono intensamente personale, esprimendo la vigorosa concezione musicale del trombonista John Gordon. Sono brani spesso ricchi di energia, ma in alcuni casi i ritmi sono più lenti e fluttuanti e le sonorità più esotiche e leggere, animate da sensuali assoli di flauto e trombone. L’album presenta un fantastico sound forgiato da musicisti dotati di una fortissima personalità, che elevano i loro strumenti a livelli di inusitata altezza, con risultati che appaiono ancora oggi fantastici. Un piccolo disco veramente fantastico, del genere di album che ha contribuito a rendere famosa la casa discografica Strata East.

Jeremy Cunningham, The Weather Up There (2020)
Il batterista e compositore di Chicago Jeremy Cunningham ha scritto The Weather Up There per rendere omaggio al suo defunto fratello Andrew, creando una fusione innovativa di jazz e spoken-word. Siamo sempre negli ambiti del nu-jazz, in questo caso quello americano, con un mix di jazz, elettronica e registrazioni vocali. Jeremy è un batterista che possiede sia abilità pazzesche che ottimo gusto e nelle sue composizioni si sente questa sua sensibilità. Fanno parte della partita eccezionali ospiti: Jeff Parker (chitarra e co-produttore), Tomeka Reid (cello), Jaimie Branch (tromba), Ben LaMar Gay (voce ed elettroniche), Makaya McCraven (batteria) inserito all’interno del Chicago Drum Choir gruppo di 5 percussionisti formato per l’occasione. Fra le tracce migliori: 1985, It’s Nothing, Hike, He pushes up. Un disco splendido e straziante, uno dei migliori dischi del 2020.

Wendell Harrison & Phillip Ranelin, Message From The Tribe (1972 ristampa 2018)
Uno dei dischi meritatamente più famosi dell’etichetta Tribe Records, un vero capolavoro di soul-jazz! Il Genio Wendell Harrison si presenta nel panorama underground della Detroit degli anni Settanta con questa registrazione che lo vede assoluto protagonista, per l’occasione affiancato da una band all-star che comprende tutti i musicisti più famosi della Motor Town di quell’epoca, tra cui il trombettista Marcus Belgrave, il trombonista Phil Ranelin, Jeamel Lee alla voce, Charles Eubanks al piano elettrico e Charles Moore al flicorno. Tutti i brani sono pervasi da una coinvolgente atmosfera spirituale che ricorda alcuni degli ultimi album realizzati da Archie Shepp per la Impulse, un azzeccatissimo mix di soul jazz con un modico contributo di strumenti elettrici, alcuni passaggi vocali e uno spirito indomitamente innovativo, che procede con orgogliosa fierezza verso la nuova libertà degli anni Settanta, mantenendo però un approccio inconfondibilmente swing e groovy! Ottima ristampa Pure Pleasure.

Matthew Halsall, Salute To The Sun (2lp 2020)
Con la sua etichetta discografica Gondwana Records, Halsall ha fatto molto per presentare e promuovere giovani musicisti britannici come Mammal Hands, GoGo Penguin e Portico Quartet e artisti internazionali come Dwight Trible e Hania Rani. L’approccio dell’etichetta è un’estensione naturale della musica di Halsall, jazz spirituale degli anni ’70, elettronica contemporanea e, altrettanto importante, le sue esperienze personali di meditazione e contemplazione del mondo naturale. L’album è atmosferico, delicatamente ritmico e lascia spazio e opportunità a Halsall e alla sua band di altri sei musicisti di improvvisare ed esprimersi. Questa registrazione evoca lo spirito della natura ancora più delle sue registrazioni precedenti, come è evidente anche dai titoli dell’album e dai suoi brani. La tromba, in alcuni casi coadiuvata da sassofono e flauto, tende ad essere lo strumento principale su una sezione ritmica ben amalgamata di kalimba, arpa, basso e percussioni, una combinazione insolita che tuttavia suona allo stesso tempo naturale e non forzata. Ci sono echi di Alice Coltrane e Pharoah Sanders, occasionalmente anche di Yusef Lateef. Disco ben inciso, c’è profondità e spazialità nel suono di Salute to the Sun, è un’altra eccellente pubblicazione di Matthew Halsall in cui la musica è brillante, calda e immediatamente piacevole. C’è spazio sia per il desiderio spirituale che per la melodia più accessibile.

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