// di Guido Michelone //

D Ivano, parliamo innanzitutto dei tuoi ultimi lavori discografici.

R Dunque, non avendo mai avuto nessuna fretta di fare pur di esserci in qualche modo e apparire, ci sono ancora miei progetti che non hanno esaurito ancora l’energia creativa e il loro significato che li caratterizza, sempre in movimento in evoluzione,vedi il progetto dedicato a Kandinskij o la ricerca spirituale del Ghost Trio o The Better Way il duo dedicato ai grandi autori della storia della musica, della letteratura, della pittura, della poesia in continua evoluzione; o ancora To Max with Love dedicato a Massimo Urbani, escursioni sonore in totale libertà, questa la filosofia del gruppo e dell’idea, riferito al periodo 1973/1979, il periodo che ricordo con affetto e che amo di più, quando poi le nostre strade musicali si dividono ma non la nostra profonda intima amicizia la complicità e il nostro legame, anzi… nel libro di Carola De Scipio dedicato a Massimo ci sono tanti episodi che ho raccontato, mentre altri sono prettamente privati e tali rimangono…

D Così, a bruciapelo chi è Ivano Nardi?

R Chi sono?! Già me lo chiedo spesso ancora anche alla mia tenera età… il grande enigma dell’essere e della propria identità da sempre! Sono autodidatta figlio di una onesta e fantastica famiglia di operai senza alcuna possibilità di frequentare scuole o altro per questioni economiche, ma, grazie a mio padre, ho ereditato la voglia di leggere e sapere questo mi ha aiutato molto a progredire nella vita come nella musica. La banda musicale della parrocchia, il primo tamburo in prestito da poter portare a casa solo per vedere come funzionasse senza suonarlo altrimenti i vicini… abitare nella stesse palazzine della provincia con Massimo Urbani al secondo piano e io al primo fu senza alcun dubbio molto importante.

D Forse, Ivano, anche una svolta nella tua carriera?

R Ci conoscemmo nella banda, lui già suonava in giro, iniziammo a frequentarci e suonare in duo a casa sua o a casa mia e sul prato della chiesa di Santa Maria Della Pietà. Da lì partì tutto il mio percorso musicale e non solo i primi viaggi, i primi soldini-ini-ini, le prime esperienze importanti, le prime ottime mangiate, le prime gioie, le prime delusioni e tutto il resto che comporta a un ragazzino come me fare questo invece di bighellonare per il quartiere.

D Non è quindi stata un a vita facile…

R Alternavo fame e disperazione suonando in nightclub, balere, alberghi di lusso, jazz club, mentre facevo anche altri lavori. Seguirono molti concerti e con Massimo suonammo un po’ ovunque per vari anni e nel frattempo altri musicisti si accorsero di me chiamandomi a loro volta e facendo tante nuove esperienze importanti per la mia formazione e crescita musicale; la consapevolezza della riconoscenza e della gratitudine non ha tempo nel tempo. Poi arrivò un posto speciale a me riservato nella parte più bassa che la vita ti offre e furono momenti di profonda crisi tra dipendenze e tutto ciò che comporta, non suonai per un lungo periodo… ma il termine ‘crisi’ di origine greca significa decisione, separazione, scelta, prova e occasione… così divenne un punto di svolta personale fondamentale in quel lungo periodo e la musica fece il resto.

D Ci racconti ora il primo ricordo che hai della tua musica?

R L’emozione con la banda davanti al pubblico per la prima volta? O il concerto d’esordio con Massimo? O il primo complimento importante? O l’inaspettata telefonata di Don Cherry per suonare insieme? Davvero non saprei! Trovarmi sul Dizionario enciclopedico del jazz (Curcio Editore) e non saper a chi dirlo per la grande emozione? Ma l’ultimo ricordo sarà come il primo: mai perdere l’entusiasmo della prima volta.

D Com’è stato per te il cammino per arrivare a essere un batterista importante?

R Certo il percorso è stato molto difficile visto il contesto di vivere in periferia oltre che familiare quello economico e sicuramente il periodo storico… pian piano credo che sia diventata una cosa naturale… la musica fa ‘miracoli’ può farli L’ho scoperto insegnando in scuole così dette difficili, facendo corsi gratuiti nel mio quartiere..organizzando in totale autogestione incontri sulla musica sull’arte… dare la possibilità a tutti di poter scoprire la bellezza invece di respirare il puzzo e il niente che esisteva nel mio quartiere e portare il tutto fuori dai salotti buoni… e naturalmente il mio ‘miracolo’ sofferto ma fortemente voluto… leggere ascoltare aprire gli orizzonti è stato fondamentale per insistere… crescendo poi ho dato una ben precisa direzione al significato della mia musica: sociale, politico, spirituale, eccetera.

D Cosa ascoltavi all’inizio della tua formazione?

R Naturalmente ho ascoltato di tutto per imparare scoprire, ma è inevitabile che poi si sceglie la propria strada, il mio percorso è stato dettato dalla sete di curiosità, dalla storia di chi ci ha preceduto di conseguenza, dall’arte in generale e sicuramente dalla mia voglia di libertà. Potrei citare molti musicisti batteristi e artisti che mi hanno segnato, ma sarebbe un torto per tutti gli altri!

D Quindi ascoltavi davvero di tutto?

R Sicuramente tutto ciò che c’è oltre… al di là delle nozioni di teoria o qualsiasi metodo didattico… l’essenza e il suo profumo, l’ascolto interiore, un dono prezioso, il suo effetto a livello fisico ed emotivo… sullo spirito e la mente… lo si scopre lentamente, è un lungo percorso che sto ancora vivendo.

D Ma quali sono i motivi che ti hanno spinto a diventare un musicista?

R Sono sicuramente molti e c’è una relazione che li unisce: l’onestà intellettuale, l’amore, il raccontare in qualche modo storie, perché la musica racconta ciò che la vita mi ha trasmesso sottovoce e mi trasmette ogni giorno: ‘la musica è lo specchio della realtà’ e dell’anima – aggiungo io – passione, ‘preghiera’, esigenze interiori del fare musica, lacerazioni e nudità, il pozzo della vita è molto profondo, assistere a una manifestazione per i diritti umani o per la pace, gli operai che scendono in piazza, entrare per caso e curiosità in una chiesa camminare in un parco, guardare la fotografia di mio padre, camminare per le strade del mio quartiere: questi sono i miei sentimenti legati al ‘jazz’.

D Quanto conta l’improvvisazione nel tuo modo di fare jazz?

R Onestamente non farei altro che ripetere ciò che molti grandi improvvisatori,artisti e scrittori hanno già espresso in maniera molto chiara… posso solo aggiungere umilmente che conosco gli elementi essenziali e le loro infinite possibilità espressive… è una visione della propria vita oserei dire una pratica filosofica, mi riferisco al di là della sua storia nella musica in generale, anche qui le citazioni in proposito sono moltissime e non solo di musicisti.

D Quindi deduciamo che per te, Ivano, l’improvvisazione conta…

R Conta moltissimo… credo abbia già risposto in qualche modo… eviterei di ripetere frasi a riguardo di altri grandi batteristi che condivido da sempre… arrivare al centro!

D Ma esiste un momento ‘più bello’ della tua carriera di musicista?

R Ogni momento della propria esistenza è in qualche modo importante per tanti motivi..non saprei..ognuno rappresenta una storia diversa un percorso diverso… pensato ripensato immaginato sognato e voluto in quel preciso momento.

D Tra i dischi che hai ascoltato quale porteresti sull’isola deserta?

R Senza alcun dubbio A Love Supreme di John Coltrane per ciò che per me ha rappresentato..oltre naturalmente alla sua bellezza infinita e al suo significato… gli debbo molto… la preghiera è tatuata sul mio braccio.

D Quali sono stati i tuoi maestri nella musica, nella cultura, nella vita?

R Sono moltissimi e per fortuna! Credo sia impossibile elencarli tutti… Pittori, opere e scritti sull’arte, musicisti altrettanto… amo Gramsci tutti i grandi della storia politica e intellettuale del novecento..non saprei da dove a da chi iniziare… Poeti e pensatori come Pasolini… tutti i sognatori gli utopisti e gli autori del passato e quelli che verranno… anche se sarà difficile… anche qui c’è una relazione tra vita vissuta musica maestri e il senso dell’esistenza.

D E i batteristi/percussionisti che ti hanno maggiormente influenzato? E quelli con cu, Ivano, ami collaborare?

R Essendo tutt’ora ‘studente’ e grande curioso, cerco quasi sempre di essere al corrente di ciò che accade; premesso questo, le mie fonti di ispirazione naturalmente – oltre i grandi maestri del mio strumento – sono stati Oxley, Martin, Favre, Williams, Motian, Romano, Vesala, DeJohnette che ancora inseguo: la fonte è ancora lunga. E poi i miei “eroi” italiani Jannaccone, Raffone, Centazzo, Monico e mi fermo qui: con molti di loro ho già avuto l’opportunità,spero presto di farlo anche con gli altri e sono molti, sarebbe un grande piacere e un’altra opportunità di approfondire…

D Qual è per te il momento più bello della tua carriera di musicista?

R Uno in particolare non saprei… forse la chiamata di Sinesio per la “Jazz a confronto” nel 2010 con la quale sono cresciuto e mi sono commosso durante la presentazione? Lovere Jazz con Schiano? O forse con il quintetto di Liguori? Fortunatamente sono stati molti e ognuno ha rappresentato un momento indimenticabile…

D Come vedi, Ivano, la situazione della musica in Italia?

R I “Controfestival”di una volta… una volta si chiamava critica alla cultura, alla musica, al giornalismo, alle rassegne, ai festival predominanti, alle programmazioni che non ci rappresentavano oltre la legge del botteghino… Il coraggio, la forza, il rischio di essere dall’altra parte della barricata. Invece ora sono quasi tutti – a parte rare eccezioni – cortigiani di questa industria “culturale” dominante e che non grida più; e il jazz non fa eccezioni anzi… esistono ancora oggi e per fortuna altri bisogni, altre voci, altre idee, ‘resistere per esistere’, naturalmente mi riferisco al mio mondo ma non credo che in “altri “ambienti sia diverso mentre per i soliti della banda bassotti e la solita dozzina del pentagramma sia molto più florida.

D E più in generale cosa ci dici della cultura in Italia?

R Spesso lancio conversazioni a riguardo… confrontandomi con tanti altri musicisti, ma sono sempre gli stessi a opporsi o fare proposte creative coraggiose che poi vuoi o non vuoi rimangono inascoltate ma We Insist!

D Fossi tu un assessore di una città o una regione cosa proporresti, Ivano? Che temi abbinare al jazz?

R Jazz & mercato / Jazz & sociale / Jazz & scuole / Vie strade percorsi del jazz & altro / L’autogestione & le cosiddette istituzioni / Jazz & critica musicale: sono davvero molte le ipotesi ancora aperte… tante le questioni da riorganizzare… farò del tutto, faremo del tutto!!!

D Cosa stai progettando a livello musicale per l’immediato futuro?

R Progetti futuri sono sempre all’erta, ma ripeto i progetti esistenti non hanno ancora esaurito l’energia e il loro significato, ma le prossime letture i prossimi eventi le prossime avventure le prossime visioni e scoperte mi suggeriranno ancora nuovi progetti da realizzare, con un diverso linguaggio chi più spirituale chi più emotivo chi più intellettuale chi più visionario.

Ivano Nardi

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