// di Guido Michelone //

D. Comincio quest’intervista con il chiederti anzitutto chi è Rita Marcotulli.

R. Una persona determinata. Spesso con la testa tra le nuvole, alla ricerca di emozioni; amo mia figlia, la vita, l’arte, giocare a carte… fare feste con gli amici e suonare, suonare e suonare. Nei momenti difficili mi ripeto il detto cinese: ‘Se c’é rimedio perché ti preoccupi? Se non c’è rimedio perché ti preoccupi?”

D. I tuoi primi ricordi della musica?

R. Risalgono alla casa discografica R.C.A. di Roma dove lavorava mio padre ingegnere del suono. Registrava musica di tutti i generi, dalla musica classica – ricordo Arthur Rubinstein – alla musica da film – Nino Rota, Ennio Morricone, Armando Trovajoli – o cantautori e cantanti come Nada, Rita Pavone, I Rokes, Gianni Morandi e tanti altri, assistevo spesso quando registravano.

D. Ma come sei diventata un musicista, in particolare di jazz?

R. Forse lo attribuisco al fatto che non amavo leggere mentre suonavo, ma piuttosto mi piaceva giocare con il pianoforte, inventare storie attraverso il suono, le frequenza basse erano misteriose, inquietanti, immaginavo orchi, presenze oscure. Mentre le frequenze alte erano celestiali, magiche fate, avevo cinque anni quando ho iniziato a suonare. E mi piaceva comporre melodie e suonare a orecchio… la mia insegnante di pianoforte mi dava degli esercizi e suonatine da leggere. E le chiedevo sempre se potesse suonarmele per farmele ascoltare. E poi la lezione dopo facevo finta di leggere, ovviamente suonando un vago ricordo di quello che avevo ascoltato nella lezione precedente… improvvisare come il jazz…

D. Perché il pianoforte?

R. Lo scelse mia madre quando avevo appunto cinque anni. Ho sempre amato il ritmo, e forse se avessi potuto scegliere avrei scelto la batteria. Ma sono felice così. Amo l’armonia, la melodia e il pianoforte è perfetto. Ed è comunque uno strumento a percussione.

D. Ha ancora un significato per te la parola jazz?

R. Io credo di si nel senso che il jazz nasce in America in un determinato periodo storico. Ma nel tempo ha continuato a trasformarsi, a contaminarsi, abbiamo denominato degli stili, ragtime, hot, swing, be bop, hard bop, poi free, progressive, fusion, eccetera, ma sempre una musica libera ,che rompe schemi e il comune denominatore è l’improvvisazione. L arte è figlia della storia dei propri tempi. E il jazz continua la sua trasformazione nel presente.

D. E cos’è in fondo il jazz per Rita Marcotulli?

R. È libertà, è uno stile di vita, un linguaggio universale che non fa distinzioni di razze, religioni, ceti sociali. È l’espressione degli ideali più alti.

D. Cosa rappresenta la musica?

R. Suonare, comporre, è una maniera di stare con se stessi.

D. C’è un disco della tua carriera che ami ricordare con maggior affetto?

R. Forse The Woman Next Door dedicato al cinema di François Truffaut.

D. Mi indicheresti i tre dischi che porteresti sulla classica ‘isola deserta’?

R. Dipende sempre dai momenti. Ora dico Essa Mulher di Elis Regina, Il concerto in g di Maurice Ravel e Night Passage dei Weather Report.

D. Chi sono i tuoi, maestri nella musica, nell’arte, nella vita?

R. Bill Evans, Pessoa, Picasso, John Coltrane. Nella vita i musicisti con cui ho condiviso più tempo, Dewey Redman, Peter Erskine, la mia famiglia di musicisti europei come Palle Danielsson, Jon Cristensen, John Taylor, Anders Jormin, Andy Sheppard , Enrico Rava, per citarne alcuni. Ma anche Pino Daniele, Billy Cobham…

D. Da pianista c’è qualche tuo ‘collega’ nella storia del jazz che ti ha illuminata e qualcuno altro che ti ha delusa?

R. Al top Bill Evans, Keith Jarrett, Monk, Horace Silver, Steve Kuhn, Herbie Hancock. Deluso nessuno. Semmai non ascoltavo ciò che mi piaceva meno.

D. La maggior soddisfazione nella tua carriera artistico-professionale?

R. Quando ho vinto il David di Donatello per la colonna sonora di “Basilicata Coast to Coast” e l’Onorificenza di Ufficiale della Repubblica conferitami dal presidente Sergio Mattarella.

D. Come vedi la situazione del jazz nel nostro Paese?

R. L’Italia sta vivendo un momento positivo, soprattutto perché ci sono molti giovani talenti preparatissimi. Ed esiste anche un bel riscontro di pubblico…

D. Per quanto riguarda infine il nuovo governo?

R. Ti cito Voltaire: ‘Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, e la tua vita possa esprimerla, e viverla liberamente’.

D. Rita, cosa farai nei prossimi mesi a livello musicale?

R. Per il futuro ho diversi nuovi progetti: un cd con orchestra di archi, un lavoro sulla pittura di Caravaggio e tante altre cose che sono in fase di lavorazione…

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